La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 18506/2024 dell’8 luglio 2024, ha stabilito un importante principio nei rapporti tra  coniugi, con riferimento alla valutazione delle rinunce professionali di uno dei due ai fini della determinazione dell’assegno di divorzio.

La Corte, difatti, ribadendo il consolidato principio secondo cui l’assegno divorzile ha natura non solo assistenziale, ma anche compensativa e perequativa, ha affermato che il contributo fornito da un coniuge alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro, anche attraverso la rinuncia a proprie prospettive professionali, deve essere valorizzato ai fini della determinazione dell’assegno divorzile.

I Giudici di legittimità hanno più volte affermato che il lavoro domestico e di cura, sebbene non retribuito, rappresenta un contributo economico indiretto di grande rilevanza.

Nel caso di specie la Corte ha, preliminarmente, richiamato quanto sancito dalle Sezioni Unite (Sentenza n.18287/18) secondo cui la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi (SU, n. 18287/18).

Il giudice del merito, investito della domanda di corresponsione di assegno divorzile, deve accertare l’impossibilità dell’ex coniuge richiedente di vivere autonomamente e dignitosamente e la necessità di  compensarlo per li particolare contributo, che dimostri di avere dato, alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge durante la vita matrimoniale, nella registrata sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra gli ex coniugi che trovi ragione nella intrapresa vita matrimoniale, per scelte fatte e ruoli condivisi.

L’assegno divorzile, infatti, deve essere adeguato anche a compensare li coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali – che il coniuge richiedente l’assegno ha l’onere di dimostrare nel giudizio – al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, rimanendo, in tal caso, assorbito l’eventuale profilo assistenziale.

A tale proposito, per i giudici di Piazza Cavour, ai fini del diritto all’assegno divorzile in funzione perequativo – compensativa, non è attribuito rilievo specifico alle motivazioni delle

rinunce professionali per la dedizione alla famiglia.

Ossia, non è richiesto, a tal fine,  che la suddetta rinuncia da parte dell’ex coniuge sia espressamente motivata in funzione dell’impegno per la famiglia, essendo sufficiente che vi sia li rapporto causale tra tale rinuncia e l’impegno familiare, che la scelta sia condivisa tra i coniugi e che, attraverso essa, li patrimonio comune o dell’altro coniuge si sia incrementato in ragione della dedizione esclusiva al lavoro del coniuge, indipendentemente dalle motivazioni che hanno indotto alla stessa scelta.

Nell’ordinanza in commento, la Corte ha precisato che l’assegno di divorzio, presuppone l’accertamento, anche mediante presunzioni, che lo squilibrio effettivo e di non modesta entità delle condizioni economico-patrimoniali delle parti sia causalmente riconducibile, in via esclusiva o prevalente, alle scelte comuni di conduzione della vita familiare.

L’assegno divorzile, infatti, deve essere anche adeguato sia a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per avere rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali – che li coniuge richiedente l’assegno ha l’onere di dimostrare – al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, sia ad assicurare, in funzione perequativa, sempre previo accertamento probatorio dei fatti posti a base della disparità economico-patrimoniale conseguente allo scioglimento del vincolo, un livello reddituale adeguato al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e, conseguentemente, alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge, rimanendo, in tal caso, assorbito l’eventuale profilo prettamente assistenziale.

 

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