Con la sentenza n. 98/2020, (pubblicata in Gazzetta Ufficiale 1^ Serie Speciale – Corte Costituzionale n.23 del 3-6-2020) la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 4, della legge della Regione Toscana 16 aprile 2019, n. 18, recante “Disposizioni per la qualità del lavoro e per la valorizzazione della buona impresa negli appalti di lavori, forniture e servizi. Disposizioni organizzative in materia di procedure di affidamento di lavori. Modifiche alla l.r. 38/2007”.

La norma censurata è inserita in un capo che «disciplina le modalità di svolgimento delle indagini di mercato e di costituzione e gestione degli elenchi degli operatori economici da consultare nell’ambito delle procedure negoziate per l’affidamento di lavori di cui all’articolo 36 del d.lgs. 50/2016, in applicazione delle linee guida approvate dall’Autorità nazionale anticorruzione» (art. 8 della legge reg. Toscana n. 18 del 2019) e riserva la partecipazione alle procedure di affidamento, per una quota non superiore al 50 per cento, «alle micro, piccole e medie imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale».

Secondo la Corte, la norma è costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Costituzione.

In base alla giurisprudenza delle Corte Costituzionale, difatti, «le disposizioni del codice dei contratti pubblici […] regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza, e […] le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme (tra le tante, sentenze n. 263 del 2016, n. 36 del 2013, n. 328 del 2011, n. 411 e n. 322 del 2008)» (sentenza n. 39 del 2020).

Ciò vale «anche per le disposizioni relative ai contratti sotto soglia (sentenze n. 263 del 2016, n. 184 del 2011, n. 283 e n. 160 del 2009, n. 401 del 2007), […] senza che rilevi che la procedura sia aperta o negoziata (sentenza n. 322 del 2008)» (sentenza n. 39 del 2020).

Occorre ricordare inoltre che, in tale contesto, la Corte ha più volte dichiarato costituzionalmente illegittime norme regionali di protezione delle imprese locali, sia nel settore degli appalti pubblici (sentenze n. 28 del 2013 e n. 440 del 2006) sia in altri ambiti (ad esempio, sentenze n. 221 e n. 83 del 2018 e n. 190 del 2014).

Secondo la Corte, la norma censurata disciplina in generale una fase della procedura negoziata di affidamento dei lavori pubblici sotto soglia ed è dunque riconducibile all’ambito materiale delle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici, che, in quanto attinenti alla «tutela della concorrenza», sono riservate alla competenza esclusiva del legislatore statale (sentenza n. 28 del 2013).

Considerata nel suo contenuto, la norma censurata prevede la possibilità di riservare un trattamento di favore per le micro, piccole e medie imprese radicate nel territorio toscano e, dunque, anche sotto questo profilo è di ostacolo alla concorrenza, in quanto, consentendo una riserva di partecipazione, altera la par condicio fra gli operatori economici interessati all’appalto.

La norma impugnata, dunque, contrasta con l’art. 30, comma 1, codice dei contratti pubblici perché viola i principi di libera concorrenza e non discriminazione in esso sanciti, e con l’art. 36, comma 2, dello stesso codice perché introduce una possibile riserva di partecipazione (a favore delle micro, piccole e medie imprese locali) non consentita dalla legge statale.

Corte Costituzionale Sentenza del 5 – 27 maggio 2020 n. 98

 

Attesa per il pronunciamento della Corte Costituzionale sul referendum elettorale voluto dalla Lega

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