Il riconoscimento del figlio, pur nella consapevolezza di non essere il genitore naturale, non ne preclude l’eventuale successiva impugnazione da parte dello stesso genitore per ristabilire la verità biologica.

Tuttavia, il giudice dovrà bilanciare il favor veritatis con altri valori costituzionali e tener conto, in particolare, del diritto del figlio all’identità personale, che non è esclusivamente correlata alla verità biologica ma anche ai legami affettivi e personali sviluppatisi all’interno della famiglia.

È quanto si legge nella sentenza n. 127, depositata il 25 giugno 2020 (relatore Giuliano Amato), con cui la Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la censura all’articolo 263 del Codice civile, sollevata dalla Corte di appello di Torino, sezione per la famiglia, là dove non esclude la legittimazione ad impugnare il riconoscimento del figlio da parte di chi lo abbia effettuato nella consapevolezza della sua non veridicità.

Secondo la Corte, nel caso dell’impugnazione del riconoscimento consapevolmente falso da parte del suo autore, il bilanciamento tra il concreto interesse del soggetto riconosciuto e il favore per la verità del rapporto di filiazione non può costituire il risultato di una valutazione astratta e predeterminata e non può implicare ex se il sacrificio dell’uno in nome dell’altro. L’esigenza di operare una razionale comparazione degli interessi in gioco, alla luce della concreta situazione dei soggetti coinvolti, impone al giudice di tenere conto di tutte le variabili del caso concreto, sotteso alla domanda di rimozione dello status di cui all’art. 263 cod. civ.

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In conclusione, anche nell’impugnazione del riconoscimento proposta da chi lo abbia effettuato nella consapevolezza della sua falsità, «la regola di giudizio che il giudice è tenuto ad applicare in questi casi [deve] tenere conto di variabili molto più complesse della rigida alternativa vero o falso» (sentenza n. 272 del 2017). Tra queste variabili, rientra sia il legame del soggetto riconosciuto con l’altro genitore, sia la possibilità di instaurare tale legame con il genitore biologico, sia la durata del rapporto di filiazione e del consolidamento della condizione identitaria acquisita per effetto del falso riconoscimento (in particolare nelle azioni, come quella oggetto del giudizio a quo, esercitate prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 154 del 2013), sia, infine, l’idoneità dell’autore del riconoscimento allo svolgimento del ruolo di genitore.

Corte Costituzionale Sentenza 127/2020

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