Con la sentenza in epigrafe la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 61, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10 (c.d. decreto «milleproroghe»), comma aggiunto dalla detta legge di conversione, che, con efficacia retroattiva, ancorava la decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di ripetizione di indebito oggettivo al momento dell’annotazione in conto della singola operazione (momento che non coincide con quello in cui il diritto può essere fatto valere ai sensi dell’art. 2935 c.c.) e che inoltre disponeva il divieto di restituzione degli importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione.
Il primo periodo del comma in questione disponeva, difatti, che «In ordine alle operazioni bancarie in conto corrente l’art. 2935 c.c. si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa», mentre il secondo stabiliva che «In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto». L’art. 2935 c.c. stabilisce che «La prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere». La Corte ha ritenuto che il primo periodo dell’art. 2, comma 61, del D.L. 225/2010 non potesse ritenersi di interpretazione dell’art. 2935 c.c., in quanto non esprimeva una soluzione interpretativa rientrante tra i possibili significati attribuibili al citato art. 2935 c.c., bensì allo stesso nettamente derogava senza alcuna ragionevole giustificazione. In particolare, il periodo in esame è stato ritenuto lesivo del canone generale di ragionevolezza delle norme di cui all’art. 3 Cost. in quanto, retrodatando il decorso del termine di prescrizione dal momento della chiusura del conto (ovvero dal momento del pagamento per i versamenti aventi natura solutoria, come sancito da Cass. SS.UU. 24418/2010) al momento dell’annotazione in conto, la norma rendeva asimmetrico il rapporto contrattuale di conto corrente perché, retrodatando il decorso del termine di prescrizione, finiva per ridurre irragionevolmente l’arco temporale disponibile per l’esercizio dei diritti nascenti dal rapporto stesso e pregiudicava la posizione giuridica dei correntisti che, nel contesto giuridico anteriore all’entrata in vigore della norma, avessero avviato azioni dirette a ripetere somme ai medesimi illegittimamente addebitate, con ciò introducendo ingiustificate disparità di trattamento. Inoltre la disposizione in esame è stata ritenuta lesiva anche dell’art. 117, comma 1, Cost. in relazione all’art. 6 della Convenzione europea come interpretato dalla Corte di Strasburgo, in quanto espressione di illegittima ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia al fine di influenzare l’esito giudiziario di una controversia. Il secondo periodo ha seguito la sorte del primo in quanto ritenuto dalla Corte strettamente connesso a quest’ultimo.
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