In virtù del richiamo esterno operato dall’art. 1 c.p.a., il tradizionale catalogo dei vizi di illegittimità è arricchito di una serie di principi di derivazione euro-unitaria direttamente applicabili nel nostro sistema di giustizia anche nelle materie non rientranti nelle competenze dell’Unione (artt. 3, 4, 5, TUE); i principi di proporzionalità e di adeguatezza costituiscono limiti interni all’esercizio del potere restrittivo dell’amministrazione che il giudice è chiamato a verificare (c.d. test) mediante l’indagine trifasica (di idoneità, di necessarietà, di adeguatezza) 

Lo ha stabilito il Tar Lazio, sez. II, con la decisone dell’ 8 luglio 2020, n. 7849 – Pres. Riccio, Est. Iera

Il Tribunale Amministrativo ha ricordato che i vizi dell’atto amministrativo, secondo la tradizionale tripartizione, sono la “violazione di legge”, l’“incompetenza”, l’“eccesso di potere” (art. 29 c.p.a.). Con l’integrazione del nostro ordinamento con quello dell’Unione europea, il tradizionale catalogo dei vizi si è arricchito di una serie di principi di derivazione euro-unitaria direttamente applicabili nel nostro sistema di giustizia in virtù del richiamo esterno ad essi operato dall’art. 1 c.p.a. secondo cui la “giurisdizione amministrativa” è, per l’appunto, chiamata ad assicurare “una tutela piena ed effettiva” secondo i principi del “diritto europeo” i quali, pertanto, assumo rilevanza diretta anche nelle materie non rientranti nelle competenze dell’Unione (artt. 3, 4, 5, TUE).

Il principio di proporzionalità e quello di adeguatezza sono da tempo principi cardine dell’azione amministrativa che, benchè non sempre siano annoverati dalle discipline di settore tra le regole formali a cui deve conformarsi l’esercizio del potere restrittivo della sfera giuridica del destinatario, costituiscono comunque norme immanenti dell’agire pubblico. Tendo presente la sapiente opera di interpretazione monofilattica della giurisprudenza nazionale ed europea, si può affermare che ogni potere restrittivo va esercitato in sede di amministrazione attiva – e, ove oggetto di contenzioso, in sede giurisdizionale o giudiziale – nel rispetto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza che costituiscono, al contempo, limiti interni al corretto esercizio dell’azione pubblica.

Il giudice amministrativo è chiamato a verificare (c.d. test) il rispetto dei principi-limiti di proporzionalità e di adeguatezza mediante l’indagine che si definisce trifasica (di idoneità, di necessarietà, di adeguatezza, anche detta quest’ultima di proporzionalità in senso stretto) in quanto il positivo superamento di ogni fase costituisce il presupposto per la verifica di quella successiva, sicché soltanto il provvedimento che supera positivamente tutt’e tre le fasi di verifica può vedersi attribuito il predicato di legittimità definitiva. Mentre il principio di proporzionalità è volto a sindacare l’individuazione del mezzo giuridico per raggiungere il fine pubblico per il quale è attribuito il potere ed implica l’indagine nella fase di idoneità e di necessarietà, il principio di adeguatezza è volto sindacare la fase di proporzionalità in senso stretto incentrandosi sul bilanciamento degli interessi che vengono in emersione a seguito della scelta del mezzo idoneo e necessario.

Più in particolare, l’idoneità guarda al rapporto tra il mezzo che si intende scegliere e l’obiettivo che si intende raggiungere: la verifica si ritiene superata se il mezzo scelto si presenta di per sé idoneo a raggiungere l’obiettivo.

La necessarietà, invece, guarda al rapporto tra il mezzo ritenuto idoneo e il sacrificio che deriva alla sfera giuridica del destinatario: la verifica si ritiene superata se, contestualmente, il mezzo individuato (come idoneo) comporta il minore sacrificio possibile al singolo (o, in altri termini, se non vi sono altri mezzi idonei che consentono di raggiungere il medesimo risultato con minore sacrificio) e non impone un sacrificio ben superiore a quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito.

Individuato lo strumento giuridico idoneo e necessario, occorre valutare se il sacrificio che deriva dalla sua applicazione sia tollerabile dal singolo nel rapporto con gli interessi pubblici (primari e secondari) e privati che vengono in gioco nell’ambito del procedimento. L’adeguatezza (o proporzionalità in senso stretto) guarda, infatti, al rapporto tra il mezzo ritenuto idoneo e necessario e la restrizione subita in concreto dal destinatario: in tal caso, la verifica è superata se il mezzo così individuato impone alla sfera del singolo un sacrificio tollerabile nel bilanciamento con gli altri interessi coinvolti.

Tar Lazio, sez. II, 8 luglio 2020, n. 7849 – Pres. Riccio, Est. Iera

Lo scopo di questo sito non è pubblicitario ma informativo ed è realizzato nel pieno rispetto del Codice di Deontologia Forense