Cassazione: l’ex coniuge non ha diritto al TFR se destinato al fondo pensione prima del divorzio

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La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20132 del 2025, ha affrontato un tema di particolare rilevanza nell’ambito del diritto di famiglia e divorzile: il rapporto tra assegno divorzile e diritto dell’ex coniuge a una quota del trattamento di fine rapporto (TFR) percepito dall’altro coniuge, quando quest’ultimo abbia destinato anticipatamente il TFR a un fondo di previdenza complementare.

La vicenda trae origine da un giudizio di divorzio instaurato presso il Tribunale di Lodi, conclusosi con sentenza non definitiva nel luglio 2021, che dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario e disponeva a favore dell’ex moglie un assegno divorzile di € 800 mensili. Successivamente, era emerso che il marito, già in pensione dal novembre 2020, aveva destinato l’intero TFR maturato al fondo di previdenza Previndai, trasferendovi le somme prima dell’instaurazione del giudizio divorzile.

L’ex moglie aveva chiesto al Tribunale la condanna dell’ex marito al pagamento del 40% del TFR, ai sensi dell’art. 12-bis della legge n. 898/1970. Il Tribunale aveva accolto la domanda, condannandolo a versare € 98.515 oltre interessi legali.

La Corte d’appello di Milano, investita dell’impugnazione, riformava integralmente la decisione, ritenendo non dovuta alcuna quota sul TFR conferito al fondo pensione. La Corte sottolineava che:

  • il TFR, una volta conferito a un fondo di previdenza complementare, cambia natura, passando da retributiva a previdenziale;
  • il diritto dell’ex coniuge a una quota del TFR riguarda solo le somme effettivamente percepite dal lavoratore all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, non quelle trasformate in rendite previdenziali;
  • le prestazioni previdenziali integrative erogate dal fondo pensione incidono semmai sulla quantificazione dell’assegno divorzile, ma non sono attratte nel perimetro dell’art. 12-bis l. n. 898/1970.

La Cassazione ha respinto il ricorso della ex moglie, confermando integralmente la pronuncia d’appello e dettando un principio di diritto di particolare importanza.

Secondo la Suprema Corte, l’art. 12-bis l. n. 898/1970, nella parte in cui attribuisce al coniuge titolare di assegno divorzile che non abbia contratto nuove nozze il diritto a una quota del TFR dell’altro coniuge, non si applica agli atti di disposizione del TFR consentiti dall’ordinamento – come i conferimenti al fondo di previdenza complementare – se effettuati prima della proposizione della domanda di divorzio.

Ad avviso dei giudici di Piazza Cavour, difatti, il trattamento di fine rapporto ha natura retributiva differita (art. 2120 c.c.), costituito da accantonamenti annui rivalutati, esigibile alla cessazione del rapporto di lavoro ma le somme conferite al fondo pensione, anche se originariamente costituite da TFR, diventano parte di un patrimonio segregato, destinato a finanziare prestazioni previdenziali autonome, disciplinate da rapporti contrattuali distinti e gestite ai sensi del d.lgs. n. 252/2005. Il diritto alla quota di TFR, previsto dall’art. 12-bis l. n. 898/1970, si riferisce esclusivamente all’indennità percepita all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, mentre non rilevano le somme già uscite dalla disponibilità del datore di lavoro in quanto conferite al fondo pensione prima dell’avvio del giudizio divorzile.

Dunque, il conferimento del TFR al fondo pensionistico, se avvenuto prima della causa di divorzio, è un atto perfettamente legittimo e sottrae quelle somme alla ripartizione prevista dall’art. 12-bis.

Pertanto, nel caso di specie, il conferimento al fondo, effettuato prima della domanda di divorzio (aprile 2018, mentre la domanda fu proposta a maggio 2018), non può essere travolto dagli effetti del procedimento successivo.

Tuttavia, questo non significa che l’ex coniuge non possa beneficiare indirettamente del miglioramento della posizione economica dell’altro. Pur restando escluso il diritto alla quota del TFR trasformato in previdenza integrativa, difatti, le prestazioni pensionistiche complementari possono, tuttavia, essere considerate ai fini della determinazione o modifica dell’assegno divorzile.

La Corte, infine, ha enunciato il seguente principio (massimato):
«In tema di divorzio, il disposto dell’art. 12-bis l. n. 898/1970, nella parte in cui attribuisce al coniuge titolare dell’assegno divorzile che non sia passato a nuove nozze il diritto a una quota dell’indennità di fine rapporto dell’altro coniuge, non si applica agli atti di disposizione del TFR consentiti dall’ordinamento, quali i conferimenti in un fondo di previdenza complementare del TFR già maturato, ove siano eseguiti prima della proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, fermo restando che le eventuali prestazioni di previdenza complementare successivamente conseguite per effetto di tali conferimenti, in presenza degli altri requisiti di legge, possono incidere sulla quantificazione o sulla modifica dell’assegno divorzile.»

Corte di Cassazione, sentenza n. 20132 del 2025

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