Tracciabilità finanziaria e appalti pubblici: cosa cambia dopo il Comunicato ANAC del 26 marzo 2025

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Lotta alla corruzione, trasparenza nei contratti pubblici, responsabilità condivise lungo tutta la filiera degli appalti. Sono questi i pilastri su cui si fonda il recente Comunicato del Presidente dell’ANAC, datato 26 marzo 2025, che fa il punto sull’attuazione della normativa in materia di tracciabilità finanziaria. Un tema tecnico, ma fondamentale per la legalità e la buona amministrazione.

Perché l’ANAC interviene ora?

L’intervento dell’Autorità arriva dopo numerosi procedimenti di vigilanza che hanno fatto emergere una realtà preoccupante: le regole sulla tracciabilità dei flussi finanziari, pur essendo in vigore da anni, vengono spesso disattese, soprattutto nei rapporti tra appaltatori, subappaltatori e subcontraenti.

A fronte di queste criticità, l’ANAC ha deciso di intervenire con un documento chiaro e operativo, rivolto sia alle stazioni appaltanti che alle imprese, per richiamare tutti ai propri doveri e fornire strumenti concreti per adempiere correttamente agli obblighi di legge.

Tracciabilità: cosa prevede la legge

Il riferimento normativo principale è la legge 136/2010, che ha introdotto l’obbligo di tracciare ogni pagamento legato ai contratti pubblici attraverso strumenti bancari o postali. Tutti i soggetti coinvolti (stazioni appaltanti, appaltatori, subappaltatori, fornitori, consulenti) devono utilizzare conti correnti dedicati, comunicare i dati identificativi alla stazione appaltante e inserire nei contratti specifiche clausole di tracciabilità, pena la nullità dell’accordo.

Inoltre, ogni operazione deve riportare i codici CIG e CUP, ove previsti, e le imprese devono garantire che anche i pagamenti per le spese generali (stipendi, forniture, ecc.) siano effettuati tramite gli stessi conti dedicati.

Cosa non funziona: le principali criticità

Secondo l’ANAC, le stazioni appaltanti sono in genere conformi agli obblighi nei rapporti diretti con le imprese. Le falle si aprono quando si scende nella filiera. Spesso:

  • manca la clausola obbligatoria di tracciabilità nei subappalti;
  • non vengono comunicati i dati dei conti correnti dedicati da parte dei subcontraenti;
  • i pagamenti avvengono su conti diversi da quelli comunicati;
  • le fatture non riportano i codici identificativi richiesti.

Tutto questo compromette la possibilità di tracciare realmente i flussi finanziari, vanificando lo scopo della norma.

Le responsabilità delle stazioni appaltanti

Nel comunicato, l’ANAC ricorda che le stazioni appaltanti non possono limitarsi a inserire le clausole nei contratti principali. Devono:

  • vigilare sull’intera filiera;
  • controllare che le clausole siano presenti anche nei subcontratti;
  • effettuare pagamenti esclusivamente su conti correnti dedicati;
  • adottare strumenti di controllo come richieste di documentazione, dichiarazioni sostitutive e verifiche a campione.

Le responsabilità delle imprese

Dall’altra parte, le imprese devono:

  • comunicare i dati dei conti correnti entro 7 giorni;
  • aggiornare le deleghe bancarie;
  • usare strumenti tracciabili per ogni pagamento;
  • denunciare eventuali inadempimenti alla stazione appaltante e alla Prefettura.

Un compito delicato, che richiede attenzione continua e un’effettiva gestione del rischio legale e reputazionale.

Le buone pratiche suggerite dall’ANAC

Per aiutare le stazioni appaltanti a svolgere correttamente il loro ruolo, l’ANAC propone alcune buone pratiche:

  • chiedere copia di fatture dei subcontraenti e bonifici effettuati dall’appaltatore;
  • acquisire dichiarazioni sostitutive da parte dei soggetti della filiera;
  • inserire nei contratti clausole che autorizzino controlli a campione;
  • responsabilizzare l’appaltatore come “dominus” della filiera, con obblighi specifici di coordinamento e vigilanza.

Questi strumenti, se ben attuati, possono fare la differenza tra una gestione opaca e una realmente trasparente.

Una tracciabilità sostanziale, non solo formale

Il messaggio dell’ANAC è chiaro: la tracciabilità non può ridursi a una formalità burocratica. Deve diventare una pratica sostanziale, inserita nei processi di gestione e controllo degli appalti pubblici.

Il mancato rispetto delle norme non solo espone a sanzioni (art. 6 della legge 136/2010), ma incide anche sulla validità dei contratti e sulla valutazione dell’esecuzione.

Conclusione

Il Comunicato del 26 marzo 2025 rappresenta un importante richiamo alla responsabilità. Le regole ci sono, gli strumenti pure. Ora tocca ai soggetti pubblici e privati fare la propria parte per garantire che i soldi dei cittadini, investiti in appalti e opere pubbliche, siano gestiti in modo trasparente, tracciabile e sicuro.

Un impegno che non riguarda solo gli addetti ai lavori, ma chiama in causa l’intero sistema della contrattualistica pubblica.

Restano, comunque, dubbie alcune fattispecie, per le quali non sono mai state date puntuali indicazioni, come ad esempio il caso in cui la Stazione appaltante sia terzo pignorato relativamente a somme che, trovando la loro causale in un contratto soggetto a tracciabilità come il contratto di appalto o concessione, dovrebbero essere assoggettate agli obblighi di cui alla L. 136/2010. Il terzo creditore pignoratizio  cui le somme vengono assegnate nell’ambito di una procedura esecutiva, tuttavia, può non fare parte della filiera ed essere del tutto estraneo alla commessa. In tal caso, non è chiaro se ed eventualmente in quale modo debbano essere assolti gli obblighi di tracciabilità per procedere al pagamento in favore del terzo, secondo quanto ordinato dal Giudice.

Comunicato del Presidente del 26 marzo 2025

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